Sibilla Aleramo.
Sibilla Aleramo, pseudonimo di Marta Felicina Faccio detta “Rina”, è stata una scrittrice e poetessa italiana. Stuprata a 15 anni da un collega di lavoro a Civitanova Marche, rimase incinta ma perse il figlio nel parto. Costretta a sposare il suo carnefice, da cui ebbe un figlio che amò immensamente, non poteva fare a meno di disprezzare il marito. Invasa da un forte coraggio, si trasferì a Roma, lasciando con straziante dolore il figlio di cui non ottenne mai l’affidamento. Dunque con la disperazione nel cuore ma con la speranza di vivere una vita diversa, da donna libera, ricominciò la sua strada. Collaborò con una rivista femminile che le permise di rendersi indipendente e di prendere coscienza che una donna poteva vivere ed esprimersi anche al di fuori della famiglia. Femminista, pacifista, dopo il 1945 convinta comunista, la scrittrice non si adeguò a ruoli o immagini femminili tradizionali. La sua vita fu ricca di amanti ma uno in particolare segnò il suo percorso, quello per il poeta folle Dino Campana. Lo amava come nessuno altro e lo si evince anche dai suoi romanzi, in cui con sentimentalismo femminile lo ricorda come “L’Orfeo folle”. La relazione oscillò tra momenti di lucidità e momenti di follia: “Folle si percoteva e mi percoteva, s’è distrutto e stava per distruggermi. Ma, nessuno, nessuno m’ha amata mai con pari impeto”.
La struggente relazione è racchiusa in questi versi
Chiudo il tuo libro,
snodo le mie trecce,
o cuor selvaggio,
musico cuore…
con la tua vita intera
sei nei miei canti
come un addio a me.
Smarrivamo gli occhi negli stessi cieli,
meravigliati e violenti con stesso ritmo andavamo,
liberi singhiozzando, senza mai vederci,
né mai saperci, con notturni occhi.
Or nei tuoi canti
la tua vita intera
è come un addio a me.
Cuor selvaggio,
musico cuore,
chiudo il tuo libro,
le mie trecce snodo.
Sibilla Aleramo a Dino Campana, 1916
In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose.
Dino Campana a Sibilla Aleramo, 1917
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