Intervista al Presidente Adriano Gaito pubblicata il 26/05/2020 sul quotidiano “Il Roma”

Intervista al Presidente Adriano Gaito pubblicata il 26/05/2020 sul quotidiano “Il Roma”

https://www.ilroma.net/news/cultura/il-patrimonio-artistico-cittadino-nel-post-lockdown

Con la Fase 2 stiamo lentamente tornando alla normalità. Si sente molto parlare di ripresa delle attività ricreative, sportive, conviviali, ma poco si discute della prima vera fonte attrattiva, che, senza nulla togliere alle bellezze paesaggistiche della nostra nazione, è il “patrimonio artistico”. Adriano Gaito è il presidente di una delle maggiori espressioni museali della nostra città, la “Fondazione Circolo Artistico Politecnico”. 

Cosa ne pensa di questa ripresa dopo la quarantena dovuta al Coronavirus?

«È giusto pensare allo sport, alle club-house, al negoziante, al barbiere, all’estetista, al tassista, al cameriere, al ristoratore, al barista, all’extracomunitario, al lavoratore in nero, al malavitoso, al detenuto, ma è altrettanto giusto tarare gli interventi verso settori significativi per lo sviluppo del Paese. Dimenticare i musei privati, i pubblici sono sorretti dal Mibact, i quali con la propria azione, creativa, costante e silenziosa, alimentano il turismo, fonte del 12% al nostro Pil, mi sembra ingiusto e poco utile. Per il nostro territorio e Napoli, in particolare, il turismo è “turismo culturale”. Fino a qualche anno fa la città era di passaggio per coloro che erano diretti a Pompei, Sorrento, Capri, Ercolano. Oggi, in carenza endemica di altri fattori, il turismo è la fonte principale del reddito della comunità. Abbiamo, quindi, l’obbligo di muoverci con determinazione ed urgenza per riattivare un flusso turistico estero produttivo. Il non farlo ci condurrebbe in una situazione drammatica. La dimensione quantitativa della nostra popolazione pari allo 0,83% del Pianeta (60 milioni contro 7,2 miliardi) difficilmente ci consentirebbe di competere con altri Paesi sul piano della produzione manifatturiera. È la nostra maggiore biodiversità (7.000 specie vegetali, 530 vitigni autoctoni, 58.000 specie animali) ed il nostro possedere il 70% del patrimonio artistico mondiale che rappresentano la nostra risorsa primaria ed insostituibile. Questo immenso patrimonio artistico muove il turismo ed è il nostro giacimento di platino. A noi il compito di non disperderlo e di saperlo valorizzare con un giusto sostegno alle strutture che ne formano il tessuto fondamentale. Sono i veri “poli attrattivi”. Hanno nel Dna la capacità di offrire, ai viaggiatori di tutto il mondo, occasioni di visioni irripetibili in altre parti e motivazioni allo spostamento. Per la nostra città e per la Campania, territori “turismo-culturale/dipendenti”, sono motori indispensabili ed insostituibili allo sviluppo, quindi bisogna lavorare affinché i viaggiatori stranieri non ci sostituiscano con altre nazioni. Il Covid – 19 ci offre una singolare occasione, non la sprechiamo. Da salotti di rappresentanza del Paese questi “attrattori insostituibili” vanno trattati a parte, fuori dal contesto del grande settore culturale, che soffre anche di una eterogeneità distorcente per le scelte. Dobbiamo accogliere gli ospiti con l’eleganza e la sobrietà delle opere d’arte del nostro patrimonio reale. I turisti stranieri ne verrebbero attratti e non dovremmo continuare a procedere da remoto, oggi unico surrogato. Si può rinunciare a visitare un’opera d’arte dal vivo?». 

Napoli sarà nuovamente invasa da turisti che vengono attratti dal ricco patrimonio artistico, storico e museale che l’ha sempre resa meta preferita per quanti amavano e amano il turismo cosiddetto culturale. Non dimentichiamo che Napoli nel suo passato era “Mitteleuropa”. Cosa succederebbe se ogni Nazione, per un tot di tempo, ora non definibile e speriamo non auspicabile, chiudesse i propri confini? Quale danno per il nostro patrimonio artistico?

«Non credo che le frontiere resteranno chiuse per molto tempo. La globalizzazione non consente deroghe. Ipotizzare che i Paesi possano non riaprire le frontiere determina in me spavento e desolazione. Alla chiusura del turismo internazionale seguirebbe la chiusura del commercio tra i popoli e il blocco dello scambio di cultura e prodotti di ogni genere. Si agevolerebbero i conflitti dovuti al riemergere di nazionalismi vecchia maniera. Si perderebbero gli effetti positivi delle sinergie in ogni campo. Lo sviluppo degli scambi tramite bit è uno scenario possibile, ma a mio avviso ancora prematuro. Non potrà sostituire tutto e subito. Sappiamo di dovere affrontare un tempo di transizione, molto pesante e foriero di contrasti per la supremazia e la sopravvivenza. Basta guardare all’attuale corsa a chi produce per primo il vaccino. La chiusura delle frontiere è un’ipotesi che respingo. La mente umana ha grandi capacità realizzative, non è possibile pensare che questo virus sia invincibile. Ci vorrà tempo, ma bisogna resistere e combattere. Il problema che lei pone non riguarda però solo l’Italia o solo Napoli. Anche se il nostro Paese detiene il 70% del patrimonio artistico/culturale mondiale, dobbiamo assolutamente ragionare in termini di gruppo. Non possiamo isolarci, né l’Europa può smembrarsi. Non possiamo vivere nella memoria di un passato glorioso. È una convinzione che ho sempre manifestato, anche per la Istituzione che presiedo. Non possiamo essere solo l’immagine di un mondo di ricordi del buon gusto, dell’intellettualità, dell’intelligenza che hanno caratterizzato il passato, dobbiamo essere un Paese utile, capace di contribuire a dare nuovo impulso e sostegno al recupero globale. Oggi non siamo più la Mitteleuropa, siamo un componente di un insieme. Dobbiamo lavorare intensamente per creare le condizioni della ripresa e, anche se vi saranno molte difficoltà, (l’Organizzazione Internazionale del Lavoro prevede 305 milioni di lavoratori in Cassa Integrazione e che il 37,5% dei lavoratori è impegnato in settori che, forse, non si riprenderanno dalla crisi), io sono convinto che le frontiere riapriranno e che la ripresa ci sarà. Dal punto di vista domestico dobbiamo riuscire a far ripartire il motore economico usando un propellente più esplosivo, capace di dare una spinta maggiore rispetto al passato, anche recente». 

Un suo pensiero sul lockdown e sulla ripresa regolata da dispositivi del governo centrale e regionale.

«Il lockdown è stato certamente uno shock, ma assolutamente necessario. Gli effetti si sono visti nel giro di un paio di mesi. Purtroppo l’Italia si fa trovare sempre impreparata. Non è un Paese nel quale impera la prevenzione. Ci si muove solo quando la “casa brucia”. Manca una adeguata programmazione. Credo che se ci fosse stata maggiore sensibilità non avremmo assistito a tanti disastri e non saremmo dovuti restare chiusi in casa per tanto tempo. Si poteva certamente operare meglio. Ma, a quanto pare, i segnali avuti dall’inizio dell’anno sono stati sottovalutati e il 9 marzo si è dovuto chiudere tutto. Il tempo di procurarsi la quantità giusta di mascherine, di guanti, di reagenti, di attrezzature c’era. Bisognava attendere l’ultimo minuto o, addirittura, il disastro per muoversi. Credo sia inutile recriminare. La ripresa condizionata non offre alternative. Essa è l’unica risposta allo stallo generale, ovviamente, con una particolare attenzione a non riavviare l’aggressività del Covid – 19 e un nuovo lockdown. Fortunatamente si è appreso che i guariti, anche se ancora positivi, non hanno prodotto nuovi contagi. Non le nascondo però di essere molto preoccupato per le crescenti difficoltà economiche e lavorative che di giorno in giorno evidenziano ulteriori problematiche, purtroppo, anche dovute ad una miriade di promesse che nel concreto stentano ad essere eseguite. I ritardi nelle erogazioni aziendali, lavorative e sociali sono una vera spada di Damocle i cui possibili effetti ho paura di immaginare. La ripresa appare difficile e lenta. Oltre ad una seria programmazione c’è bisogno di una partecipazione collaborativa di tutti noi. Si assiste, invece, ad un balletto che può portarci ai tempi dei “Comuni”. Tutti, con i politici e gli amministratori in testa, sembriamo muoverci senza una “rotta”. Altri Paesi, invece, la Germania in primis, sembrano dotati di un diverso passo, con decessi e degenti in terapia intensiva più contenuti ed una minore aggressione economica. Perché più tarati ai bisogni? La nostra organizzazione domestica ha imposto 450 consulenti centrali, in aggiunta agli altri nelle 20 Regioni del Paese. Ora servono quelle capacità degli italiani che emergono solo nei momenti di grandi difficoltà. Il dopo coronavirus credo sia il momento più propizio.  Siamo economicamente in ginocchio, ma basta non demordere per risalire la china in un tempo ragionevole. Abbiamo solo bisogno di operare in maniera coordinata e collettiva seguendo una programmazione articolata settore per settore senza tralasciare alcuno».

Cosa fa il Governo a tutela dell’arte? Ha qualche suggerimento?

«Non mi stanco di dire che l’arte è il nostro vero giacimento. La nostra primaria fonte di reddito. Per Napoli e i napoletani è poi una vera manna. Albergatori, ristoratori, baristi, commercianti vari, organizzatori di gite, professori, critici, guide turistiche, oggettistica, librerie, teatri, cinema, editori, tabaccai, banche, politici, professionisti, amministratori, locali e tanto altro, vivono a valle, quale indotto dell’arte. Il turista viene in città e resta in città perché attratto dal patrimonio artistico di notevole dimensioni quantitative e qualitative. Non ha eguali in altre parti. È un assioma: Musei e turismo sono strettamente legati: se i luoghi d’arte sono chiusi, i turisti non vengono; se i turisti non vengono i musei devono chiudere. Cosa farei io? Mi dedicherei totalmente al potenziamento dell’ospitalità museale, non solo rendendoli accoglienti, ma stimolando e sostenendo economicamente ogni iniziativa. Matera ha vissuto un’esperienza fantastica ed è cresciuta anche economicamente dall’essere stata scelta come capitale della cultura. L’intera città e la regione ne hanno tratto e ne traggono vantaggi notevoli che si proiettano nel futuro. La stessa cosa si ripeterà per Parma nel 2021, quando sarà la Capitale d’Italia della Cultura. Persisto nel ricordare, come esempio, l’utilizzo della propria casa. Se desidero avere ospiti devo necessariamente potenziare la mia ospitalità, partendo dalla sistemazione degli ambienti più rappresentativi. Più elevata sarà la mia ospitalità, più elevato sarà il numero ed il livello dei miei ospiti. Più persone saranno desiderose di visitare la mia dimora. Non è possibile che ciò non venga capito. Al potenziamento dell’offerta d’arte deve provvedere maggiormente chi ne trae beneficio per la sua attività. Il suo sostentamento non può gravare solo su coloro che con passione, creatività, pazienza, perseveranza difendono dalla dispersione e valorizzano un patrimonio della comunità, utile alla stessa comunità. Quindi? Oggi, tutti colpiti da un nemico invisibile e subdolo, le cui conseguenze nel settore spingono alla chiusura, i Governi Nazionale e Regionali, devono muoversi, pesantemente e con urgenza, e predisporre progetti e piani di sfruttamento intenso della risorsa arte, attraverso la valorizzazione dei siti. Ho scritto al governatore, ai ministri Franceschini e Gualtieri, al direttore Molinari di Repubblica perché non ci si limiti a reperire risorse per tutte le altre categorie (commercianti, studi professionali, ambulatori, aziende di trasporto, imprese di qualsiasi tipo, farmacie, calciatori, lavoratori, cittadini, barbieri, parrucchieri, agenzie, centri di estetica, albergatori, bar, palestre, ristoranti, immigrati, lavoratori in nero, detenuti di qualsiasi gravità), dimenticando, colpevolmente, i musei privati. Bisogna reperire fondi adeguati per i musei privati, obbligati pesantemente ad adeguare le strutture alla riapertura, fare i conti con i diktat del Comitato tecnico scientifico, stravolgere l’organizzazione, munirsi di dispositivi di sicurezza, termo scanner, programmi di sanificazione degli ambienti, controllo del numero di accessi, separazione di spazi di entrata e uscita, giusto equilibrio tra microclima per le opere e una perfetta manutenzione dei condizionatori, formare il personale, assumersi la responsabilità penale sui contagi interni». 

Speriamo che a fine “libertà condizionata” possiamo incontrarci per discutere di una eccellente ripresa scevra da condizionamenti e nel pieno rispetto che la nostra città merita.

«È l’augurio anche mio. Tutto è nelle mani del cittadino, a qualunque categoria esso appartenga. Sono la sua sensibilità ed il suo senso civico i soli “attori” della “ripresa condizionata”. Ma io sono convinto che siamo in presenza di un concreto processo evolutivo della società nel suo insieme».